ANCORA SULL’OBBLIGO VACCINALE DEI PROFESSIONISTI SANITARI: UNA PRONUNCIA DEL CGARS

Nel contenzioso tra uno studente del corso di laurea infermieristica e l’Università di Palermo, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia veniva adito per la riforma dell’ordinanza cautelare del TAR Sicilia che aveva negato la sospensione dell’efficacia del provvedimento con cui l’Università consentiva ai soli operatori vaccinati la prosecuzione in presenza dei tirocini.

Con l’ordinanza del 17 gennaio 2022, n. 38 il giudice amministrativo siciliano si inserisce nel dibattito riguardante l’obbligo vaccinale Covid19 del personale sanitario. Nell’ordinanza si ritiene infondata l’asserita inapplicabilità agli studenti tirocinanti dell’obbligo vaccinale introdotto dall’art. 4 del d.l. n. 44/2021 e si ricorda che il Consiglio di Stato (sez. III, sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045) ha affermato che la vaccinazione obbligatoria per il personale medico risponde ad una finalità di tutela non solo del personale sui luoghi di lavoro, ma anche dei pazienti. L’obbligo vaccinale per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario” viene interpretato perciò come applicabile anche ai tirocinanti poiché essi vengono a contatto con gli utenti del servizio sanitario nazionale.

Dopo aver richiamato la giurisprudenza costituzionale in materia di vaccinazioni (ex plurimis, Corte Cost., sent., 22 giugno 1990, n. 307; sent., 23 giugno 2020, n. 118; sent., 18 gennaio 2018, n. 5), il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia afferma di dover affrontare “problemi diversi e ulteriori” da quelli esaminati dalla recente sentenza del Consiglio di Stato. L’ordinanza richiama, in effetti, diverse questioni: la “contestata validità e sufficienza del sistema di farmacovigilanza”, la “compatibilità della normativa che introduce l’obbligo vaccinale con il diritto eurounitario”, nonché il profilo del consenso informato. Sottolinea che la situazione sanitaria è in costante divenire e quindi in parte diversa da quella valutata dalla citata pronuncia del Consiglio di Stato. La novità della valutazione riguarderebbe soprattutto la legittimità della “reiterazione della somministrazione in tempi ravvicinati”, per cui “l’attuale obbligo vaccinale pone un (nuovo) problema di proporzionalità, dato che si profila una impostazione di ripetute somministrazioni nell’anno per periodi di tempo indeterminati”.

Per poter valutare la non manifesta infondatezza della questione, ai fini della rimessione della questione alla Corte costituzionale, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia affida perciò un’istruttoria ad un Collegio (composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio superiore della sanità operante presso il Ministero della Salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria) che entro il 28 febbraio 2022 dovrà presentare una relazione per chiarire i diversi profili, fornendo dati sull’efficacia dei vaccini, anche con riferimento alle varianti, sul numero di ricoveri e decessi dei vaccinati contagiati, anche comparandoli con quelli dei non vaccinati.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia sembra perciò affrontare i quesiti in giudizio in modo differente dal Consiglio di Stato che, senza disporre alcuna istruttoria, aveva fatto riferimento alle informazioni rese disponibili dalle istituzioni sanitarie. 

Sarà interessante comprendere in quali termini sarà data risposta alle richieste formulate, ma anche capire quale significato il Consiglio attribuirà alla relazione, ai fini della valutazione della rimessione dei quesiti alla Corte costituzionale. Ci si chiede, infatti, quali scenari si potrebbero aprire se la relazione dovesse essere considerata completa ed esaustiva, se in tale caso ciò basterà a superare ogni dubbio di non manifesta infondatezza della questione, oppure se, nonostante i chiarimenti forniti, sarà formulata la rimessione alla Corte. In attesa della conclusione dell’istruttoria, un interrogativo continua a porsi: quanto la mancanza di risposte della scienza possa essere “supplita” in sede giurisdizionale e quanto, invece, i nodi debbano essere sciolti dall’amministrazione sanitaria nell’esercizio delle sue funzioni, senza che un giudice invochi il “soccorso scientifico”.

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